sabato 27 febbraio 2010

L'Amazzonia che non scuoce


E' il cuore dell'America del Sud, la congiunzione dell'Amazzonia di tre paesi: Bolivia, Perù e Brasile. Porto Velho, capitale della Rondonia: arrivava qui la ferrovia proveniente dalla Bolivia che gli inglesi costruirono in cambio della cessione dell'Acre al Brasile, alle fine della guerra Araguaia del 1910. Oggi il trasporto su strada ha soppiantato quello su binari, ma lo scopo è sempre lo stesso: imbarcare materie prima sul fiume Madeira, che nasce sulla Ande boliviane e costeggia Porto Velho per sfociare nel Rio delle Amazzoni, sul quale i carichi navigheranno fino a Belèm e da lì oltreoceano.
Anche la natura del carico è cambiata nel tempo. I minerali della Bolivia hanno lasciato il posto alla gomma dell'albero di seringa e al legno pregiato da inviare nel nord del mondo.
Ma il via vai non è mai stato intenso come per il carico del nuovo millennio. La BR 364, strada statale che congiunge la Rondonia al sudest del paese, è una via vai di camion da lunedì a lunedì. Pare ne arrivino circa milletrecento al giorno: trasportano quasi tutti soia. La piantina alta meno di mezzo metro che ha già reso deserti verdi il Mato grosso e il Mato grosso do Sul, i due stati che più si sono votati alla monocoltivazione intensiva per la produzione del boidiesel. Sarebbe un tragitto più breve dirigerli verso est, e imbarcarli dal porto di Niteroi o dallo Stato di Sao Paulo. Ma la transamazzonica fluviale è decisamente meno costosa: il Brasile ha reso la propria parte di foresta una rampa di lancia per l'export. Pur di seguire questo percorso, alcuni camionisti aspettano tre giorni per poter finalmente scaricare la soia su una chiatta diretta a Belèm. Intanto, ammazzano il tempo in questa città asfissiante e senza molto da dire, senz'anima come tutte le città cresciute vorticosamente intorno a un business che devasta il contesto in cui si sviluppa. Porto Velho non è altro che un'appendice storpia del business rappresentato dal suo fiume. Tant'è vero che ne sta essendo schiacciata: presto il porto non sarà più l'unica ragione dell'andirivieni in città.
Se in pochi anni la città è passata da cinquecentomila a un milione e mezzo di abitanti, è per la costruzione di un opera faraonica di produzione di energia idroelettrica sul fiume Madeira, nientemeno che il maggior affluente del Rio delle Amazzoni. Che si è già trasformato in un enorme cantiere: sconfitta l'opposizione di movimenti sociali e comunità di base, si concretizza il Complexo Rio Madeira, un faraonico progetto all'interno dell'Integrazione di Infra Struttura Regionale Sud Americana IIRSA. Quattro centrali idroelettriche, di cui due in Brasile, uno in Bolivia e una quarta binazionale per un totale di seimila Megawatt prodotti; due laghi artificiali in corrispondenza delle centrali brasiliane, una linea di trasmissione energetica fino a San Paolo, un'autostrada (promette la compagnia Oderbrecht, che guida il consorzio dei costruttori) che perforerà le Ande diretta ai porti del Perù sull'oceano Pacifico. Un costo di cinquanta miliardi di euro, quasi tutti di denaro pubblico (il principale finanziatore è il BNDES). Ma mentre le imprese che compongono il consorzio avranno l'energia disponibile a prezzo di costo, quella che rivenderanno al pubblico sarà a prezzo di mercato, con un lucro inestimabile e destinato a lievitare negli anni. “La battaglia contro la realizzazione del Progetto è stata persa” ammette Orcelio del movimento dei danneggiati dalle dighe (MaB). “Ora bisogna combattere quella per il diritto a giuste indennizzi”. Chi è in contrattazione con le piccole comunità che verranno sommerse dopo la costruzione delle dighe, però, sono le stesse imprese (come la franco-belga Suez Tractebel), che propongono aut-aut inaccettabili e costruiscono in alternativa le cosiddette “agrovilas”, quartieri dormitorio lontani dal fiume di cui i riberinhos erano abituati a vivere. Come Mutumparanà, una comunità di pescatori e garimpeiros (i cercatori di minerali sul letto del fiume) che vivono in palafitte sulla riva del fiume duecento chilometri a ovest di Porto Velho. E che, accettino o no gli indennizzi, saranno sommersi nel giro di due anni. Così le decine di comunità di indigeni Caripuna e Caritiana, alcune delle quali vivono senza aver avuto contatti con la nostra civiltà.
Al di là delle migliaia di ribeirinhos minacciati dalla costruzione delle dighe, il Complexo Rio Madeira rappresenta in toto l'applicazione di un modello che mette a repentaglio l'intero biosistema amazzonico: ecco perchè nella primavera del 2008 ha provocato le dimissioni di Marina Silva, la compagna di lotte di Chico Mendes, acriana come lui e ministra dell'Ambiente dal primo governo Lula, e che si candiderà col Partito Verde alle presidenziali di ottobre.
Del resto, per mantenere il ritmo di crescita accelerata mantenuta negli ultimi anni, il Brasile ha sempre più bisogno di energia. E qual'è la frontiera di espansione energetica più a buon mercato, se non la stessa Amazzonia che, con i suoi fiumi, offre un potenziale immenso sotto forma di energia idroelettrica? L'Amazzonia non scuoce mai. E' sempre buona da mangiare.

sabato 20 febbraio 2010

sao paulo-porto velho



In Brasile si è già iniziata a combattere la futura guerra mondiale tra razionalità e irrazionalità. Tutti contro tutti. Sono razionali i mega investimenti per rubare acqua e cuore all' amazzonia. Sono razionali i deserti delle monocoltivazioni. E' irrazionale il venditore ambulante di pamuya, lo squisito e rovente impasto di mais, formaggio e carne avvolto da foglie di pannocchia. E' irrazionale l'arcobaleno doppio che alimenta il narcisismo del cielo dopo la pioggia, a Riberào Preto, poche ore prima del tramonto.
Riberao Preto è una delle prima fermate dell'autobus da San Paolo a Porto Velho, dopo mezza dozzina di ore di viaggio. Mi capita come compagno di viaggio il signor Joao- di nuovo un Joao dai capelli bianchi, come da Moçimboa da Praia a Pemba, Mozambico.
Nato nello stato di Minais Gerais quarantacinque anni fa e trasferitosi nell'amazzonia quasi disabitata in cerca di terra e lavoro, Joao ha intrapreso questo viaggio a ritroso col figlio minore, Cleito, quattordicenne, per andare a trovare la madre di Cleito, nel frattempo trasferitasi a San Paolo. Anche se ci conosciamo da pochi minuti, mi dice che non vede l'ex moglie da quando si sono separati e che, per quanto avrebbe voluto risposarsi, non ha trovato ancora una donna da amare altrettanto.
Poco dopo di noi sale sull'autobus la passeggera che movimenterà i due giorni d'autobus: Maria, vestito verde, zeppe fosferescenti e sintomi di nanismo (primo tra tutti, mi arriva all'ombelico). Si fa notare subito cantando a squarciagola inni evangelici. Poi attacca bottone con Joao facendo domande assassine sulla sua fede. In pochi minuti Joao scopre di essere condannato alle fiamme eterne; cerca disperatamente di scrollarsi di dosso l'inferno brandendo una bibbia che porta con sè e citando quel che ricorda del catechismo. Ma Maria, forte dell'elezione che Dio le avrebbe concesso salvandola dalla tragedia del volo della Gol del 1983 (di cui sostiene di essere stata una dei quattro superstiti) gli toglie ogni speranza. A meno che, naturalmente, si converta alla fede evangelica, entrando in una qualsiasi delle circa diciannovemila congregazioni nate in Brasile negli ultimi vent'anni, e abbandoni la troppo blanda fede cattolica, che lo lascerebbe fuori dalla Nuova Gerusalemme.
Naturalmente è piuttosto surreale assistere a una discussione di questo tenore, per lo più tra due perfetti estranei. Ma in Brasile, Dio, a ragione o torto, per fede o per business, è sulla bocca di tutti.
E' irrazionale discutere di queste cose, ma in qualche modo i civili dovranno pur difendersi, in questa guerra. E intanto che ci difendiamo, attraversiamo cinquantadue ore del campo di battaglia: dall'industriale San Paulo, ai pascoli malinconici di Minas Gerais, agli altipiani a singhiozzo della Goias, ai campi di soia transgenica del Mato Grosso,deserti verdi in cui non compare anima viva, tranne gli uomini volanti che sganciano pesticidi dagli aeroplanini che ci ronzano sulla testa. E anche nei loro getti a mezz'aria vediamo formarsi l'arcobaleno. Ma questo, si sa è il paese delle contraddizioni.
In Amazzonia,quella sua branchia detta Rondonia, si entra infine di notte, di soppiatto, per non disturbare ciò che è già sconvolto. La Rondonia orientale, la prima che si incontra, è una foresta spelacchiata e che si aggrappa alla stagione delle piogge per rievocare il verde violento che il progresso ha risparmiato solo come idea. Ma avvicinandoci a Porto Velho, sulla strada verso l'Acre, la foresta trova una sorta di -temporanea- rivincita.
Continua...