sabato 20 febbraio 2010

sao paulo-porto velho



In Brasile si è già iniziata a combattere la futura guerra mondiale tra razionalità e irrazionalità. Tutti contro tutti. Sono razionali i mega investimenti per rubare acqua e cuore all' amazzonia. Sono razionali i deserti delle monocoltivazioni. E' irrazionale il venditore ambulante di pamuya, lo squisito e rovente impasto di mais, formaggio e carne avvolto da foglie di pannocchia. E' irrazionale l'arcobaleno doppio che alimenta il narcisismo del cielo dopo la pioggia, a Riberào Preto, poche ore prima del tramonto.
Riberao Preto è una delle prima fermate dell'autobus da San Paolo a Porto Velho, dopo mezza dozzina di ore di viaggio. Mi capita come compagno di viaggio il signor Joao- di nuovo un Joao dai capelli bianchi, come da Moçimboa da Praia a Pemba, Mozambico.
Nato nello stato di Minais Gerais quarantacinque anni fa e trasferitosi nell'amazzonia quasi disabitata in cerca di terra e lavoro, Joao ha intrapreso questo viaggio a ritroso col figlio minore, Cleito, quattordicenne, per andare a trovare la madre di Cleito, nel frattempo trasferitasi a San Paolo. Anche se ci conosciamo da pochi minuti, mi dice che non vede l'ex moglie da quando si sono separati e che, per quanto avrebbe voluto risposarsi, non ha trovato ancora una donna da amare altrettanto.
Poco dopo di noi sale sull'autobus la passeggera che movimenterà i due giorni d'autobus: Maria, vestito verde, zeppe fosferescenti e sintomi di nanismo (primo tra tutti, mi arriva all'ombelico). Si fa notare subito cantando a squarciagola inni evangelici. Poi attacca bottone con Joao facendo domande assassine sulla sua fede. In pochi minuti Joao scopre di essere condannato alle fiamme eterne; cerca disperatamente di scrollarsi di dosso l'inferno brandendo una bibbia che porta con sè e citando quel che ricorda del catechismo. Ma Maria, forte dell'elezione che Dio le avrebbe concesso salvandola dalla tragedia del volo della Gol del 1983 (di cui sostiene di essere stata una dei quattro superstiti) gli toglie ogni speranza. A meno che, naturalmente, si converta alla fede evangelica, entrando in una qualsiasi delle circa diciannovemila congregazioni nate in Brasile negli ultimi vent'anni, e abbandoni la troppo blanda fede cattolica, che lo lascerebbe fuori dalla Nuova Gerusalemme.
Naturalmente è piuttosto surreale assistere a una discussione di questo tenore, per lo più tra due perfetti estranei. Ma in Brasile, Dio, a ragione o torto, per fede o per business, è sulla bocca di tutti.
E' irrazionale discutere di queste cose, ma in qualche modo i civili dovranno pur difendersi, in questa guerra. E intanto che ci difendiamo, attraversiamo cinquantadue ore del campo di battaglia: dall'industriale San Paulo, ai pascoli malinconici di Minas Gerais, agli altipiani a singhiozzo della Goias, ai campi di soia transgenica del Mato Grosso,deserti verdi in cui non compare anima viva, tranne gli uomini volanti che sganciano pesticidi dagli aeroplanini che ci ronzano sulla testa. E anche nei loro getti a mezz'aria vediamo formarsi l'arcobaleno. Ma questo, si sa è il paese delle contraddizioni.
In Amazzonia,quella sua branchia detta Rondonia, si entra infine di notte, di soppiatto, per non disturbare ciò che è già sconvolto. La Rondonia orientale, la prima che si incontra, è una foresta spelacchiata e che si aggrappa alla stagione delle piogge per rievocare il verde violento che il progresso ha risparmiato solo come idea. Ma avvicinandoci a Porto Velho, sulla strada verso l'Acre, la foresta trova una sorta di -temporanea- rivincita.
Continua...

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