martedì 7 settembre 2010

Alla frontiera

Al popolo più numeroso e perseguitato della storia:il popolo di quelli che si spostano.
A chi ha saltato il cenale in un modo elegante,e chi l'ha fatto nella maniera più imbranata.
Ai Ruandesi rifugiati in Congo, che non si decidono a tornare a casa perchè quando un ispettore chiede loro da dove vengono non se lo ricordano, e quando chiede loro dove vogliono andare, non se lo ricordano.
Ai Congolesi rifugiati in Congo, che non saprebbero proprio da che parte iniziare a raccontare.
A chi dice che la sua vita è una fuga, ma è pur sempre la sua vita.
A Joseph e Hassan che, dopo aver attraversato a piedi mezzo continente, si sono inventati di essere fratelli e cuciono vestiti da festa in una striminzita stanza di Maputo, senza lamentarsi neanche per sbaglio.
A Elizabeth, la kenyaya che varca una frontiera dopo l'altra, nella speranza che almeno una la renderà libera.
Alle contadine mozambicane che si sono distratte e troppi anni fa hanno lasciato partire i loro uomini per le miniere sudafricane; a quegli uomini, che picconando al muro scavano i ricordi di chi ha picconato prima di loro.
A quelli che sono partiti e a quelli che sono scappati, se qualcuno ha la stravaganza di voler fare due colonne separate.
A Juvenal, che ripara la sua bicicletta sotto al suo baobab, chiedendosi quando Diamantino si stancherà dei soldi dei Musungo e tornerà finalmente a sposare Lucilaide.
Alla sorella di Bukuku, che dopo averlo visto perdere tutte le rivoluzioni possibili, se n'è andata a fare la cassiera a Dubai, e quando finisce il turno va a quel galattico centro commerciale dove si vede la neve finta, che pero'non le piace mai, e delusa mette in una scatola una banconota al giorno per la prossima battaglia di Bukuku.
A quelli che hanno saltato sperando di trovare erba e sono atterrati sulla ghiaia, e da allora vivono sognando il ricordo della loro partenza, o ricordando il sogno che doveva essere il loro approdo. Finchè l'essere stranieri diventa “nè dolore nè fatica nè fastidio, ma semplicemente l'unico modo di essere da qualche parte”.
A quelli che sono venuti in Africa a cercare Moby Dick, e quando si sono rassegnati al fatto che non l'avrebbero mai trovata...hanno continuato a cercarla.
Ai gorilla che, dalla sommità del loro vulcano, osservano questi umani andirivieni e inventano complicate leggende per dargli un senso purchè sia.
All'innata, impareggiabile e struggente capacità degli esseri umani di trovare l'alba dentro all'imbrunire, e di sfruttare la lunga notte che viene dopo per seminare l'orto alla luce imperfetta della luna.

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