mercoledì 3 giugno 2009

zimbabwe, affari sporchi e miniere di sangue


(testo e foto s.corsi)
“Fino a poco tempo fa, i salari dei nostri minatori erano stabiliti dal governo, ed erano così bassi che, per noi, farne lavorare venti o sessanta era uguale”. A vantarsi di aver offerto briciole a quaranta zimbabweani più del necessario è E., italianissimo uomo d'affari che si muove fra Madagascar, Sudafrica e Zimbabwe per una società di esportazione di materiali preziosi, ora è di passaggio ad Harare per seguire il destino di una miniera di granito nero nel Mashonaland da cui estrae per una società veronese. E. non si preoccupa troppo di ricalcare il clichè dell'uomo d'affari all'estero: anellone al dito, quando non è al telefono descrive indignato la corruzione dilagante dello Zimbabwe - colpevole in particolare di rallentare il trasporto ferroviario del granito verso il porto di Maputo in Mozambico- senza peraltro far mistero di come si è allungato di zeri il profitto suo e dei suoi colleghi sotto il regime di Mugabe. Che decretava salari bassissimi per i minatori, mentre le royalties pagate dalle compagnie finivano direttamente nelle tasche dei funzionari con la tessera di partito.
Per sfortuna degli zimbabweani, il paese è ricco di risorse del sottosuolo. Oro, platino, mercurio che da qualche anno hanno attirato anche i cinesi, la cui presenza deve aver cambiato parecchie delle carte in mano alla concorrenza. Che però non ha mollato l'osso: capofila la Lonrho(London and Rhodesian Company) compagnia inglese fondata quando lo Zimbabwe era la Rhodesia di Ian Smith, così limpida che l'ex premier inglese Heat la definì “la faccia inaccettabile del capitalismo”, e che meno di un anno fa per bocca del suo presidente fa riduceva il collasso zimbabweano a“un problema passeggero”, sui cui dettagli non voleva entrare perchè il punto forte della compagnia era sempre stata “la sua apolicità”.Del resto il magnate della compagnia fino al ’97, Tyni Rowlands, offrì a Mugabe la tristemente famosa Antilope Mine,una miniera in disuso sul confine col Botswana, per nascondervi i cadaveri del massacro dell’83. In cambio, ha assicurato alla compagnia la presenza nel paese vita natural durante.
Così, mentre UE e USA tuonavano contro il regime di Mugabe, compagnie americane ed europee hanno fatto indisturbate affari d’oro, facendo leva proprio sulla corruzione del governo e rifornendosi del materiale estratto per due soldi dai minatori zimbabweani.
Anche i diamanti, scoperti nella zona di Marange, verso il confine mozambicano, hanno contribuito ad intorbidire le acque. A metà gennaio scorso la polizia nazionale ha annunciato l'arresto di 24.480 persone legate al traffico illegale di diamanti, ma naturalmente non si trattava di notabili zimbabweani o stranieri, bensì di un esercito di pesci piccoli che, sparsasi la voce dei diamanti, è arrivata a Marange a cercare fortuna e guai. Con il risultato che adesso la zona pullula di posti di blocco impossibili da oltrepassare senza un'autorizzazione e, in tutto il paese, sulle miniere di diamanti e sul commercio delle famose pietre vige una sorta di segreto di stato.
Eppure ogni tanto qualcosa trapela, come lo scandalo esploso a metà marzo che vedrebbe coinvolti nel trasporto di diamanti oltre la frontiera sudafricana alcuni pezzi del governo e alcuni veicoli intestati all'UNDP (il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite). Probabilmente si trattava di diamanti classificati come blood diamond, diamanti di sangue, dal Kimberly Process, l’organismo nato nel 2000 per certificare la provenienza dei diamanti ed evitare che arrivino sul mercato quelli provenienti da zone di guerra . Come il martoriato Congo in cui lo stesso Mugabe mandò i suoi soldati nella guerra panafricana del 1998-2003 per non rimanere fuori dalla colossale spartizione delle ricchezze delle miniere del Katanga e del Kivu.

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